Acciaio, ovvero Ferro e...
I tre sospettati
Così è se vi pare.
Con questo adagio di Pirandello, titolo dell’omonima opera teatrale, si potrebbe riassumere tutta la questione.
L’acciaio si fa in un certo modo, punto e basta.
Questo è ciò che si desume dalle norme italiane, stavate per leggere Europee?.
Sbagliato, non ci sono norme Europee relative alla produzione e alla commercializzazione di acciaio destinato ad alimenti.
Esiste un disciplinare per CE e Turchia che si rifà alle leggi dei singoli stati Potete trovarlo qui. DISCIPLINARE
In summa, cosa dice?
Dice che ognuno produce come vuole, a patto che certifichi che il prodotto è conforme a quanto dichiarato dal produttore e che rispetta le norme (solo italiane nel nostro caso) relative alla cessione da parte dell’acciaio stesso di elementi quali Cr, Ni, Mn.
Cioè, dice che dobbiamo fare i bravi, ma non parla di
Solo per vostra informazione, riportiamo quanto ISTITUTO SUPERIORE SANITA’ riporta in relazione ai danni da assorbimento di alcuni elementi chimici. Nessuna aggiunta, è un copia e incolla
Il cromo è un elemento chimico contraddistinto dal simbolo Cr. Il suo nome (dal Greco chromos = colore) è dovuto alla varietà di colori offerta dai suoi composti.
Il cromo puro venne ottenuto per la prima volta nel 1797 da L. N. Vaquelin che ricavò l’ossido di cromo VI (CrO3) da un minerale estratto in Siberia (piombo rosso di Siberia, oggi identificato come crocoite PbCrO4). Riscaldando l’ossido di cromo in un letto di carbone, riuscì ad ottenere il cromo puro.
È un elemento poco diffuso in natura (nella crosta terrestre il cromo è contenuto nella misura dello 0,02%). La principale fonte di cromo in natura è la cromite (FeOCr2O3), seguita dalla crocoite (PbCrO4, cromato di piombo).
Le forme più stabili del cromo sono il cromo trivalente (Cromo III) e il cromo esavalente (Cromo VI).
Il Cromo III è considerato un oligoelemento, vale a dire un elemento necessario in quantità minime, essenziale nella dieta umana poiché favorisce il metabolismo del glucosio e ha un’azione sinergica con l’insulina nella regolazione della glicemia, potenziandone l’azione nei tessuti.
Le sorgenti principali del Cromo VI sono le attività industriali, quali la produzione e la lavorazione dell’acciaio nell’industria metallurgica e galvanica, la concia delle pelli, la produzione tessile e la fabbricazione di prodotti a base di cromo. Il cromo può anche essere rilasciato nell’ambiente in seguito alla combustione di gas naturale, petrolio o carbone. Di solito non rimane nell’atmosfera, ma si deposita nel terreno e nell’acqua e può cambiare da una forma all’altra a seconda delle condizioni presenti (ATSDR, 2012).
I maggiori usi industriali del Cromo VI si hanno nel rivestimento protettivo e decorativo e nella preparazione di diverse leghe.
Il cromo è anche utilizzato come preservante del legno, nell’industria tessile come mordente e fissativo, nella preparazione di farmaci ad uso umano e veterinario e come colorante nei cosmetici.
Gli effetti sulla salute legati all’esposizione a sostanze contenenti cromo dipendono prevalentemente dalla forma in cui si trova il cromo e dalle caratteristiche chimico-fisiche della sostanza che lo contiene.
L’International Agency for Research on Cancer (IARC) afferma che sono disponibili sufficienti evidenze
per classificare i composti del Cromo VI come cancerogeni per l’uomo (Gruppo 1). Essi possono causare il cancro al polmone e sono state osservate anche delle correlazioni positive tra l’esposizione ai composti del Cromo VI e il cancro al naso e ai seni nasali (IARC, 2012).
Sebbene i composti del Cromo VI siano associati all’insorgenza di tumori in seguito all’inalazione, non si può escludere che essi possano provocare il cancro anche in caso di esposizione orale e cutanea ripetute. Nel caso della via orale, la tossicità potrebbe essere limitata da uno scarso assorbimento e dalla sua trasformazione (riduzione) in Cromo III all’interno del tratto gastrointestinale. Considerazioni simili valgono anche per l’esposizione per via cutanea.
Per i composti del Cromo VI, in considerazione delle informazioni disponibili sulla potenziale tossicità sui geni (genotossicità) di queste sostanze, non è possibile identificare un livello di soglia al di sotto del quale non si manifestano effetti cancerogeni. (RAR, 2005).
Il cromo è noto per essere associato ad effetti sensibilizzanti quali la dermatite allergica da contatto (ACD). Uno studio di Basketter et al. (2003), ha approfondito, tra l’altro, gli aspetti relativi alle concentrazioni presenti nei prodotti di consumo ed associate all’insorgenza di ACD. Le conclusioni degli autori di questo studio individuano un livello di 5 mg/kg nei prodotti di consumo come standard di protezione accettabile ed un livello di 1 mg/kg per il quale l’insorgenza di ACD sarebbe altamente improbabile.
Le proprietà del Cromo VI relative alla sensibilizzazione cutanea sono state dimostrate in diversi test su specie di laboratorio e in patch test (un test allergologico utilizzato per determinare se una sostanza specifica provoca infiammazione allergica della cute) condotti sull’uomo.
Uno studio condotto dall’Istituto Federale Tedesco per il Risk Assessment (BFR, 2007) ha evidenziato che la presenza di Cromo VI in indumenti e scarpe in pelle può provocare l’insorgenza di reazioni allergiche (es. eczema da contatto) in individui ipersensibili. Lo studio riporta che tali effetti possono manifestarsi anche alle concentrazioni più basse ma sicuramente a livelli di 5 mg/kg o superiori.
I composti del Cromo III sono molto meno tossici di quelli della forma esavalente. Il Cromo III infatti non è cancerogeno ed è un elemento nutritivo essenziale per l’uomo, la cui carenza può essere associata a diversi effetti avversi per la salute umana, tra i quali malattie cardiovascolari, problemi di fertilità e di tolleranza al glucosio. Il cromo trivalente non viene considerato irritante per la pelle, anche se la letteratura riporta che un’esposizione prolungata può provocare lesioni cutanee meno marcate di quelle associate al cromo esavalente. I risultati di alcuni studi disponibili in letteratura suggeriscono inoltre che il cromo trivalente può essere associato a sensibilizzazione cutanea. Il suo utilizzo in presenza di agenti ossidanti (es. permanganati), può inoltre portare alla formazione di cromo esavalente (EHC, 1988).
È comunque importante sottolineare che la capacità di penetrazione cutanea del Cromo III è ridotta rispetto a quella del Cromo VI.
Il Nichel (il cui simbolo chimico è Ni) è un componente naturale della superficie della Terra (crosta terrestre).
Chiamato dai minatori, in passato, “rame del diavolo” o “rame bianco” perché ritenuto di poco valore rispetto al rame (elemento più utile e prezioso), questo metallo è presente in diversi minerali, nei suoli (compresi i fondali dell’oceano) e tra i componenti delle emissioni vulcaniche.
Di colore bianco, duro, facilmente lavorabile e d’aspetto simile all’argento, è spesso combinato con altri metalli (come ferro, rame, cromo e zinco) per formare leghe metalliche, a cui conferisce caratteristiche di durezza, resistenza alla corrosione e al calore.
Per queste sue particolari proprietà, è impiegato per la realizzazione di monete (nichelino è il termine popolare per indicare la moneta da 5 centesimi di dollaro statunitense), prodotti di bigiotteria, valvole, pentole e padelle (soprattutto quelle in acciaio inossidabile). A questo proposito, la sigla 18/10, riportata, ad esempio, sulle pentole, sta ad indicare che, nella lega utilizzata per la loro fabbricazione, il 18% è costituito da cromo mentre il 10% da nichel. Il nichel è presente anche nelle batterie, nei prodotti cosmetici, sia di bellezza che di igiene personale, in lacche e colori per la ceramica.
I suoi composti, inoltre, sono impiegati (tramite la nichelatura) per rivestire alcuni materiali depositando sulla loro superficie un sottile strato di questo metallo.
Il nichel è presente anche nell’aria a seguito del suo rilascio nell’ambiente da parte di industrie che lo utilizzano, di impianti a carbone e di inceneritori. Una volta nell’aria, aderisce alle particelle di polvere depositandosi al suolo; nell’acqua, dove può arrivare a causa di scarichi industriali, si deposita sul fondo e nei sedimenti.
Il nichel non si accumula nei tessuti dei pesci o in altri animali inclusi nella nostra dieta alimentare.
Una volta ingerito, il nichel è solo parzialmente assorbito dall’intestino (circa il 20-25%); la parte rimanente è successivamente espulsa con le feci.
La percentuale che entra nel circolo sanguigno è, invece, eliminata attraverso le urine.
L’ingestione di elevate quantità di nichel, o di alcuni suoi composti, causa avvelenamento con conseguenti disturbi gastrointestinali (quali vomito, nausea, mal di testa e, nei casi più gravi, emorragia gastrica).
L’effetto più comune sulla salute è una reazione allergica di tipo acuto con manifestazione di una dermatite da contatto. Circa il 20% della popolazione femminile e tra il 2 e il 10% di quella maschile, manifesta una ipersensibilità al nichel acquisita a seguito di contatto diretto della pelle con oggetti di bigiotteria o altri prodotti che lo contengono e, solo più raramente (circa nel 20% dei casi), per inalazione o ingestione tramite cibi o acqua.
Una volta sensibilizzati al nichel, un successivo contatto con il metallo, indipendentemente dalla modalità di esposizione, quindi anche per ingestione, produce una vera e propria reazione allergica che si manifesta, come primo disturbo, con una dermatite da contatto caratterizzata da un visibile arrossamento, da prurito e dalla presenza di piccole vesciche localizzate, più frequentemente, proprio nel punto di contatto:
I disturbi (sintomi) causati dall’allergia da contatto con il nichel si manifestano, di norma, entro le 48 ore dal contatto con il metallo.
Pazienti che presentano dermatiti in sedi diverse da quelle di contatto, soprattutto a seguito di ingestione di nickel sono affetti dalla sindrome da allergia sistemica al nichel, nota anche con la sigla SNAS. In alcune di queste persone possono, inoltre, verificarsi anche altri disturbi quali, ad esempio:
Per esposizioni prolungate a basse dosi nei mammiferi il nichel ha dimostrato di avere effetti sul sistema riproduttivo e per prevenire questi effetti, nel 2020 l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha derivato una Dose giornaliera accettabile o tollerabile (TDI) di 13 µg/kg di peso corporeo al giorno).
Nei lavoratori esposti a livello professionale, generalmente per inalazione e a dosi molto più alte di quelle cui è soggetto il resto della popolazione, sono stati osservati effetti e reazioni sulla pelle e sui reni ma, soprattutto, si è notata la comparsa di bronchiti croniche, di una ridotta funzionalità del polmone e, anche, di tumori al polmone e ai seni nasali. Per questo motivo l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha classificato alcuni composti del nichel, assunti solo per inalazione, nel gruppo 1 tra le sostanze cancerogene per l’uomo, mentre ha inserito il nichel metallico nel gruppo 2B, vale a dire tra le sostanze possibilmente cancerogene per l’uomo, per mancanza di evidenze scientifiche sufficienti.
Non ci sono, inoltre, indicazioni scientifiche che il nichel ed i suoi composti siano cancerogeni, qualora ingeriti o dopo contatto con la pelle.
Dai dati finora disponibili, i bambini non sembrano più vulnerabili rispetto agli adulti, poiché manifestano le stesse reazioni agli effetti del nichel. Tuttavia è stato recentemente stimato che l’esposizione cronica attraverso la dieta è più alta nei bambini rispetto agli adulti.
Se da un lato la carenza di manganese nell’organismo non scatena effetti gravi indiscutibilmente dimostrati, dall’altro l’eccesso di questo minerale può avere gravi riflessi sulla salute dell’uomo. Tant’è che si parla di vero e proprio avvelenamento cronico da manganese: generalmente, l’intossicazione avviene per inalazione prolungata di fumo e/o polvere dell’oligoelemento. Il limite massimo oltre al quale il manganese si definisce tossico è stimato attorno ai 5mg/m3-1 mg/m3.
I danni derivati da intossicazione di manganese coinvolgono per lo più il sistema nervoso centrale: l’avvelenamento può generare danno permanente. Inoltre, si ritiene che il manganese ed i suoi derivati siano sostanze potenzialmente cancerogene.
In seguito ad esposizioni frequenti e prolungate a fumi di manganese (pericolo tipico dell’industria metalmeccanica) sono stati evidenziati numerosi casi di morbo di Parkinson: a tal proposito, il manganese è inserito nella lista delle sostanze tossiche e pericolose, redatta da OSHA (Occupational Safety and Health Administration).
In seguito all’intossicazione da manganese, sono stati registrati svariati sintomi, tra cui debolezza, crampi alle gambe, sonnolenza, paralisi, languore, impotenza, disturbi emotivi ed irritabilità.
Nei minatori non sono rari effetti come allucinazioni, tendenza alla violenza, irritabilità: per questo l’intossicazione è anche nota con il termine “pazzia da manganese”