Calici – Forme e Usi.
Forme e destini
In effetti, forma e senso vanno sottobraccio. Perché creare contenitori diversi per bere, in definitiva, del vino? Semplice, per esaltare le diverse caratteristiche, percepibili attraverso i nostri sensi, primariamente la vista, l’olfatto, il gusto.
Dividiamo questa esposizione in quattro parti,
Spumanti
Come dice il nome, la caratteristica principale di questi prodotti è la formazione di bollicine di Anidride carbonica che si libera una volta versati in bicchiere. Per esaltare l’osservazione del “perlage”, per evitare che il contenuto si riscaldi velocemente, i calici da spumante sono stretti e lunghi (flûte) con forme rapportabili al disegno 1. Alcuni produttori propongono forme con bocche più ampie per offrire a chi beve la possibilità di percepire i sentori che si sprigionano, altrimenti un po’ trattenuti da flûte troppo stretti.
Proprio perché parliamo di forme e quindi di immagini impresse nella mente, la forma a coppa, disegno 3, celebrata in molti film dove si degusta champagne, è caduta in disuso. L’ampia superficie di contatto tra liquido e aria, non è ideale per degustare uno spumante che si riscalderebbe velocemente e disperderebbe rapidamente i suoi aromi.
Vini Bianchi
I bicchieri da vino bianco sono mediamente più piccoli di quelli da rosso.
I vini bianchi subiscono trattamenti diversi dai rossi, generalmente si consumano più precocemente e non vengono arricchiti con passaggi in botti di legno. Il vino bianco viene servito fresco 10 – 12 °C e quindi abbisogna di calici piccoli ove il rapporto volume/superficie consenta pochi scambi con l’aria e le superfici del bicchiere. Le forme più usuali si riferiscono alle figure 2 e 4. Il disegno 2 stilizza il bicchiere “tulipano” così chiamato per la forma riferita al fiore, ma se immaginiamo le linee del bevante (la porzione di bicchiere che contiene il vino) più dritte, abbiamo il “renano”, che trae il suo nome dall’omonima regione geografica. Col “tulipano” si dovrebbero bere vini bianchi freschi e giovani, il “renano” è più adatto a vini più corposi e strutturati.
Non vogliamo entrare in ambiti che non ci competono, ma buttando un occhio a mode e tendenze, i vini rosé stanno tornando prepotentemente sui mercati e ultimamente si affacciano anche gli orange. Quali bicchieri usare? Per i vini orange si raccomandano temperature fra i 14 e i 16 °C. Meglio un “renano” o un calice da rosso? A voi la scelta, ma prima cercate di capire bene che cosa state bevendo.
Vini Rossi
I bicchieri da vino rosso sono mediamente più grandi di quelli da bianco.
Cominciamo col dire che ciò che si va ad apprezzare nei vini rossi è diverso da ciò che ricerchiamo nei bianchi. Al netto dell’analisi visiva, la definizione del colore e dei riflessi, il primo passaggio è quello olfattivo. Il vino viene servito a temperatura ambiente che spesso è molto elevata e ben lontana dai 18 – 20 °C ideali.
Diciamo che esiste una relazione tra anni di invecchiamento e temperatura di servizio e sarebbe cosa buona se fosse segnalata sull’etichetta. In assenza di tali informazioni la scelta del calice si fa per approssimazioni e prove. In ogni caso, figure 5 e 6, i calici di più piccole dimensioni si utilizzano per un vino rosso non troppo alto di gradazione, di annate recenti e magari non affinato in barrique, tonneaux o botti grandi.
Se il vino presentato ha una storia importante, sia in produzione che in conservazione e arricchimento, allora cambiamo bicchiere. Sono necessari calici come il 7 chiamato genericamente “borgogna” e l’8, il “balloon” (a bocca aperta o chiusa) che consentono (se riempiti al massimo per 1/3) al vino di sprigionare tutti i propri aromi e soprattutto di sfruttare un’ampia superficie di contatto tra il liquido e l’aria.
Nella figura 8, la forma è volutamente esasperata. Se si ammorbidisse la curvatura che allarga la bocca, riducendone l’ampiezza, avremo il bicchiere “barbaresco”. Se si eliminasse la svasatura e si abbassasse l’orlo, avremmo il “gran balloon”.
Di solito il vino si stappa in anticipo (1 – 2 ore), rispetto al momento della degustazione e si può anche conservare in decanter che permettono “l’apertura” del liquido, proprio per l’effetto che l’ossigeno ha sulle componenti.
Una caratteristica importante di tutti i bicchieri, è la trasparenza e lo spessore del vetro che, se più sottile, aiuta lo scorrimento su tutta la rima delle labbra permettendo la diffusione sulla lingua e ai suoi lati.
Dato che la valutazione di un vino è soggettiva, qualcuno si è premurato di eliminare qualche variabile.
Esiste un bicchiere da degustazione, bruttino e di forma ibrida rispetto a tutti gli altri, assimilabile al “renano”, ma che almeno riduce zero, la variabile “forma” per ciò che attiene ai calici. Le dimensioni sono certificate dal sistema ISO (International Organization for Standardization), ed è anche conosciuto come bicchiere INAO (Institut National d’Appellation d’Origine).
Dal 1970 il bicchiere da degustazione deve rispondere a questi criteri:
Calice simil-tulipano
Vini invecchiati o liquorosi
Possono essere sia bianchi che rossi, ma, a parte il Porto, sono prevalentemente dati da uvaggio bianco.
Capita spesso, magari a fine pasto, di degustare vini più strutturati e con gradazioni alcooliche elevate. Non si bevono, si assaggiano a piccoli sorsi e quindi non è necessario usare bicchieri di grandi dimensioni, anzi. Un vino molto in voga nel passato, che oggi si consuma raramente è il Porto che presenta gradazioni alcooliche intorno al 18%. Si utilizzano calici piccoli ma dalla forma assimilabile a quella dei rossi. Il bicchiere da Porto è schematizzato in figura 10. Ci sono poi molti bianchi, i Passiti e i vini vendemmiati in ritardo e poi maturati su muffe come il Sauternes e/o affinati in botte di legno.
Per questi si scelgono piccoli calici dalla forma assimilabile a quella dei “tulipano”.
Discorso a parte per lo sherry che trae il suo nome dalla città di origine, Jerez della Frontera in Andalusia, (Sherry per gli inglesi). Il processo di produzione è complesso e si gusta in piccoli bicchieri con la bocca svasata genericamente identificabili come “marsala”. La bocca piccola dei bicchieri da vini invecchiati, permette di far arrivare il liquido dritto sulla punta della lingua dove sono raggruppati i recettori che intercettano il senso del dolce.
Ovviamente forme diverse, fanno fluire nel cavo orale il vino in modo diverso. Quindi la modalità di distribuzione influenza la percezione dato che l ‘acido si intercetta nelle parte laterale anteriore della lingua, il salato nella parte laterale posteriore e l’ amaro invece si avverte al fondo della lingua.
Il rapporto tra forma e senso ora risulta più chiaro, ma ancora una volta ci preme che quando assaggiate un vino, cerchiate di conoscere la storia, pregi e difetti e solo in fondo scegliere, anzi decidere e pretendere il bicchiere giusto.
Mangiare e bere è necessario, conoscere è indispensabile.