I Giapponesi.
Secoli di arte
Parlando di cucina (mode e tendenze ci sono in ogni campo), pare non si possa fare a meno di possedere e usare un coltello giapponese. Sarà vero?
No, ovvio. Abbiamo buonissimi coltelli, ma è fuor di dubbio che le lame nipponiche esercitino un grande fascino. Perché?
La figura del samurai ci è pervenuta attraverso storie e leggende, forse film, anche d’animazione. Diciamo che non abbiamo molto chiaro chi fosse e cosa facesse un samurai.
Pochi sanno che il samurai viveva in simbiosi con le proprie lame ed era, conditio sine qua non, anche un ottimo cuoco ed esperto della forgia. Non produceva le proprie armi, ma ne avevano sacrale cura.
I Tosho, i maestri dell’arte dell’acciaio, fornivano ai samurai le loro lame forgiate e temprate secondo tempi e riti che possiamo definire di natura quasi sacerdotale.
I maestri Tosho esercitano la loro arte tutt’oggi rispettando le antiche regole, ma avvalendosi, ovviamente di nuovi materiali e metodologie.
Queste brevi note introduttive, per far intravedere che in Giappone, il concetto di tagliare, affettare è primariamente filosofico. Storia del Giappone, storia del cibo e storia delle lame, sono indivisibili e il coltello non è un accessorio alla cucina, è il fulcro intorno a cui, tutto ruota.
Esistono lame specifiche per usi specifici. Era vietato (e sarebbe ancora vietato), usare il coltello della carne per affettare verdure o sezionare un pesce e questi concetti hanno portato alla progettazione e costruzione di lame specifiche per specifici usi. Di più.
Il momento del taglio non è considerato un gesto preparatorio, ma il primo atto fondamentale, l’inizio della perfetta cottura (preparazione).
Usare la lama sbagliata, è un po’ come usare zucchero al posto del sale nella preparazione di un arrosto. NON si fa.
I giapponesi hanno creato lame che rispettano i materiali da tagliare. Per capirci: una lama poco affilata o grossolana, strapperà le fibre (vegetali e animali) e causerà la fuoriuscita di succhi cellulari che attiveranno processi di ossidazione degli alimenti, alterandone il sapore. Una lama sottile e affilata come un rasoio, permetterà al cibo di mantenere le proprie peculiarità.
La specificità di ogni coltello, forme e affilatura sono frutto di secoli di storia, studio e ideali.
Senza addentraci troppo nell’argomento, facendo riferimento alla figura qui sotto, facciamo qualche considerazione.
I coltelli giapponesi possono essere prodotti per fusione, partendo da polveri (il procedimento più antico già certificato intorno al 1100) e portano a ottenere lame denominate Tamahagane. Nel tempo il procedimento fu perfezionato e nel 1600 si ottenne il più duro acciaio al Carbonio mai prodotto, l’Hagane.
Nell’immagine sopra, le parti in rosso delle lame sono di acciaio duro l’Hagane.
Le Katane, le famose spade dei samurai erano prodotte con acciaio Hagane, attraverso fasi di battitura e tempra differenziale. In pratica la lama incandescente, veniva raffreddata con velocità diverse fra dorso (parte A nella figura sotto, che si aggregava come perlite di ferro elastico e morbido) e il filo (parte B nella figura sotto), che invece cristallizzava come cementite di ferro duro e adatto al taglio.
Questo processo di raffreddamento differenziale determinava anche la curvatura delle Katane che assumevano la caratteristica forma.
La lama, tutta di un pezzo, ma chimicamente aggregata in reticoli cristallini differenti, si chiama HONYAKI.
Oggi, solo l’1% delle lame in vendita in Giappone è prodotto con questa tecnica. Sono molto rare e pregiate. Attenzione prima di procedere all’acquisto.
Nel 1600 si iniziarono a costruire i coltelli ottenuti per saldatura di più strati di lamine di acciaio (con diverse caratteristiche chimiche).
Una volta portati i materiali a incandescenza, la saldatura fra i diversi strati avviene per battitura. La tecnica è rimasta immutata fino a oggi.
Se le lamine sono tre, si hanno i coltelli SAN MAI (san = 3, mai = strato).
Il prodotto presenta una Hagane (parte rossa nell’immagine) e una Shigane (parte gialla nell’immagine). I coltelli SAN MAI si affilano da tutti e due i lati.
Se le lamine sono soltanto due si hanno i coltelli NI MAI (ni = 2, mai = strato), che si affilano soltanto da una parte. A seconda di dove si salda la lamina di shigane, si possono avere coltelli affilati per destri e per mancini.
Hagane parte del coltello dato da acciaio al Carbonio, molto duro (e quindi fragile)
Shigane parte del coltello formata da uno (o più) strati di acciaio più morbido ed elastico che va a equilibrate le caratteristiche generali dello strumento
Se gli strati di Shigane sono molti (sia che si tratti di SAN MAI che di NI MAI), magari con cristallizzazioni di carburi orientati in modi diversi, oppure addirittura costituiti da lamine di acciai diversi, si ottengono i cosiddetti Damascus o Damasco, che non traggono origine dalla capitale Siriana, ma casomai dal fonema damash, acquoso, alludendo alle immagini che si formano sulle superfici di queste lame.
Il concetto di coltello multiuso è l’antitesi della filosofia dei forgiatori giapponesi. I coltelli, come detto, nascono per uno scopo e per quello sono strutturati e formati. Però, il mercato, soprattutto occidentale, ha convinto i giapponesi a produrre questi ibridi.
1 Bunka – Cultura
L’ideogramma che identifica questo coltello si traduce in giapponese col termine Cultura. La particolare forma della punta, denominata kiritsuke o punta a K, è conosciuta in occidente perché somiglia (sono diversi gli angoli di incidenza) a quella caratteristica dei pugnali da offesa denominati Tanto.
La lama presenta un tagliente quasi lineare, efficace soprattutto per tritare e la particolare forma della punta consente di osservare perfettamente il punto di incisione per compiere lavori di alta precisione.
2 Gyuto – Lama da Carne
Gli ideogrammi che compongono questo nome sono quelli del manzo e della lama. Quindi Gyuto significa letteralmente, lama da carne. Questo coltello è quello che più degli altri giapponesi è sovrapponibile al “coltello da Chef”. Di solito le lame sono abbastanza sottili e, se pur le dimensioni non siano ridotte, la perfetta bilanciatura dello strumento, lo rende versatile e adatto a tutta la gamma dei lavori.
3 Santoku – Tre Virtù
Sicuramente il più conosciuto. Ormai tutti sanno che il suo nome significa “tre virtù”, è infatti lo strumento col quale si possono affrontare senza problemi, tutti i tipi di pesce, carne e verdure. Il profilo dei taglienti è molto più dritto degli analoghi occidentali e ciò impone una tecnica di taglio diversa, esercitando la forza con un movimento di trazione anziché oscillatorio. Diciamo che è il coltello più commerciale, ma cercando bene si trovano oggetti con lame San Mai di Acciaio Carbonio a diverso tenore e, se l’affilatura è ben fatta, si può notare l’orlo di confine (linea scura ondulata nella foto) tra Hagane e Shigane.
Il profilo dei taglienti è molto più dritto degli analoghi occidentali e ciò impone una tecnica di taglio diversa, esercitando la forza con un movimento di trazione anziché oscillatorio. Diciamo che è il coltello più commerciale, ma cercando bene si trovano oggetti con lame San Mai di Acciaio Carbonio a diverso tenore e, se l’affilatura è ben fatta, si può notare l’orlo di confine (linea ondulata nella foto) tra Hagane e Shigane.
4 Kiritsuke – A punta
L’ideogramma che identifica questo coltello si traduce in “a punta”. Cominciamo col dire che, rispetto agli altri coltelli giapponesi, le lame sono formate da due soli strati (Ni MAI anziché i più comuni tre, SAN MAI), realizzate per saldatura alla forgia di due acciai a durezze diverse.
La hagane è la porzione più rigida e dura della lama ed è l’unica parte che viene affilata. La shigane è data da un acciaio più morbido e lavorabile, elastico. Le lame di questi coltelli sono affilate da un solo lato e possono essere destre o sinistre.
Il Kiritsuke nasce come coltello da elezione per preparare sushi e sashimi, ma da molti anni (diciamo per pure ragioni commerciali) vengono prodotte versioni con tre strati di acciaio e quindi affilati sui due lati.
Per questo motivo, pur perdendo la specificità del bisello singolo, i moderni Kiritsuke sono annoverati tra i coltelli multifunzionali.
Per il Pesce
5 Yanagiba – Il Salice
La forma della lama, allungata e sottile, ricorda quella delle foglie del salice. Ecco spiegata l’origine del nome. Sono coltelli dalle dimensioni importanti, il tagliente può andare dai 25 fino oltre i 30 centimetri e la loro affilatura da un solo lato, a scalpello, li ha resi i coltelli di elezione per il taglio del pesce e la preparazione del sushi Sono quindi coltelli NI MAI. I forgiatori giapponesi hanno dato, nel tempo, anche peculiarità locale alle loro lame. Gli Yanagiba del distretto di Tokio si chiamano Tagobiki e in verità hanno lame più sottili. In tutto il Giappone esiste una variante dello Yanagiba, il Fugubiki che si usa soltanto per preparare il Pesce Palla. Le carni di questo pesce, non tutte le porzioni muscolari, contengono potentissime neurotossine, spesso mortali anche per l’uomo. In Italia il consumo di Pesce palla è vietato dal 1972. Il Fugubiki più che un coltello va considerato come un bisturi che consente di separate i filamenti muscolari tossici da quelli commestibili. Ma per compiere questa operazione è necessario frequentare un corso ed ottenere una patente rilasciata a pochissime persone.
6 Deba – Lama Sporgente
Il profilo robusto del coltello Deba (gli ideogrammi che lo identificano parlano di Lama Sporgente), non deve trarre in inganno. Le lame sono molto spesse, fino a 1 centimetro, ma la smussatura le porta ad assottigliarsi fino ad arrivare al tagliente, a smusso singolo, sottile e affilato come un rasoio. Ne consegue che la forza peso del Deba, non renda necessaria l’applicazione di un’importante forza manuale da parte dell’operatore. Col Deba si eseguono tagli di estrema precisione su volumi di massa muscolare molto importanti ( il grande dorso del tonno per esempio). Quindi, a dispetto del suo aspetto massiccio, il Deba non è una mannaia, ma uno strumento di precisione.
Per la Carne
7 Sujihki – Affettatrice
Arriviamo ai coltelli da carne. La lama dei Sujihkii, quasi fosse una spada, nasce col preciso scopo di affettare tagli di carne lunghi con un solo e preciso passaggio. Per quanto somiglianti nella forma ai coltelli Gyuto, le Affettatrici sono più lunghe. Presentano bisello simmetrico e quindi sono affilate da entrambi i lati. Il corpo della lama è molto sottile e il movimento corretto per l’utilizzo, prevede di poggiare il tallone ( la parte della lama più vicina al manico) sulla porzione da affettare e compiere un movimento di trazione esercitando la dovuta pressione.
8 Garasuki
La sua lama triangolare, compatta e molto rigida, lo rende indispensabile per disossare e trinciare ossa di piccole dimensioni (polli – conigli). Ha la punta caratteristica dei Tanto, ma con angoli inversi. Data la sua funzione, il filo della lama è simmetrico ma (sempre per motivi commerciali) vengono prodotti dei Garasuki più piccoli, identificabili come coltelli multifunzione con affilatura solo da un lato. Questi ibridi, racchiudono e sintetizzano molte filosofie relative alle lame, ma ne snaturano la storia e la tradizione.
9 Boning
Coltello di elezione per disossare porzioni di grossi animali (manzo). Il profilo della lama, curva e sottile è ideale per raggiungere i punti più protetti di articolazioni e legamenti per reciderli. I Boning, dato il loro specifico uso, si trovano raramente nelle cucine domestiche ed è quindi necessaria molta attenzione, all’atto dell’acquisto perché c’è il rischio di comprare un coltello, bello, pregiato, ma praticamente inutile per l’uso giornaliero.
10 Usuba – Sottile
A dispetto del loro aspetto imponente le lame degli Usuba sono sottili e adatte (solo) ad affettare verdure. Se pensiamo a una carota su tagliere, è facile che un normale coltello (con la lama assai spessa) inizi il taglio e poi, lavorando come un cuneo, spezzi la fetta. Ecco perché gli Usuba hanno lame sottilissime, devono affettare e non spezzare. Le lame degli Usuba possono essere Kakugata ovvero “quadrate” dal giapponese Kaku, quadrato. Per quanto somiglino alle nostre mannaie, ne sono proprio l’antitesi e se proverete a spezzare un osso con un Usuba, si danneggerà (forse) irrimediabilmente. Attenzione. Le lame Usuba sono Ni MAI solo a smusso singolo e affilatura a scalpello.
11 Nakiri – Tagliafoglie
È il coltello più antico del Giappone, utilizzato in relazione alla dieta prevalente e all’economia agricola nei secoli passati. I primi modelli “certificati” appartengono al periodo Edo e precisamente al 1603, prodotti nella regione di Sakai. Nel Giappone antico, l’idea di tagliare verdure e carni con la stessa lama, non era concepito e concepibile per cui il Santoku è di fatto uno strumento molto commerciale e poco filosofico. Il tagliente del Nakiri non presenta curvature e quindi il movimento ideale per affettare è quello dall’alto verso il basso. L’impugnatura alta tiene le nocche distanti dai taglieri e la cosa, per evitare urti è molto apprezzata da chi li usa. La lama dei Nakiri, come quella degli Usuba è molto sottile.
12 Petty – Piccolo
13 Pelling – Spellare
Si possono riunire questi coltelli in un’unica descrizione. Sono gli analoghi degli spelucchi occidentali e hanno lame adatte un po’ a tutto (e a niente). In cucina, senza alcuna specificità, sono usati per sbucciare la frutta o sminuzzare le verdure. I coltelli piccoli e quindi con taglienti ridotti, necessitano di ripetuti passaggi, rispetto all’utilizzo di lame più imponenti. Questo causa una più facile disgregazione dei tessuti vegetali con premature ossidazioni che rendono il processo di cottura e la fruibilità dei preparati molto scarsa.
Mangiare e bere è necessario, conoscere è indispensabile.